Intervista | Piano B, un piano di speranza

Intervista a Lester Brown (di Anna Satolli)

Il modello economico occidentale (il cosiddetto Piano A) basato sul principio della crescita continua e sull’uso incondizionato delle risorse non potrà funzionare ancora per molto. E soprattutto non potrà funzionare per i nuovi paesi emergenti, come Cina e India. È la Terra che non riesce più a sopportarlo. Il carico esercitato da una popolazione mondiale in crescita continua e che pretende di vivere voracemente secondo il modello dell’usa e getta è ormai insostenibile. Lester Brown ha pensato a una via altra, a una nuova economia rispettosa del pianeta che punti a preservare le risorse naturali, a farne semmai un uso (e riuso) intelligente, e che rinunci ai combustibili fossili. Questa è la proposta di Piano B 3.0 (in libreria dal 10 giugno 2008).

In cosa consiste e perché c’è bisogno di un “Piano B”? Quali sono i suoi obiettivi?
Lester Brown: Il Piano B è l’alternativa al Piano A, che sarebbe il modello economico occidentale basato sui combustibili fossili, centrato sull’automobile e sull’usa e getta. Il fatto è che se continuiamo a comportarci secondo questo approccio business as usual, non solo perpetuiamo la distruzione degli ecosistemi di supporto della stessa economia, ma rischiamo seriamente di fare la stessa fine delle prime civiltà (i Maya o i Sumeri, per fare un esempio): ovvero incorrere in un processo di declino e poi di estinzione totale della nostra civiltà. Il Piano B è invece l’alternativa a tutto ciò, una strategia che assume – prima di tutto – quattro obiettivi prioritari: stabilizzare il clima, stabilizzare la popolazione, estirpare la povertà e ripristinare gli ecosistemi terrestri.

Quali sono le principali criticità che la nostra civiltà si trova a dover fronteggiare?

LB: In primo piano ci sono i cambiamenti climatici, la costante e rapida crescita della popolazione, il picco nella produzione del petrolio (a cui seguirà una sua disponibilità sempre minore), l’estensione delle aree con carenza idrica, la deforestazione, l’erosione del suolo e la desertificazione. Inoltre la combinazione di tutte queste tendenze può portare a una crisi alimentare mondiale senza precedenti.

C’è bisogno di fondi per realizzare il Piano B. Dove è possibile trovare il budget necessario?

Ci sono due sistemi per finanziare il Piano B. Da una parte occorre una ristrutturazione del sistema della tassazione, per riuscire a ridurre le emissioni di CO2 dell’80% entro il 2020 (uno degli obiettivi fondamentali del Piano): ovvero introdurre una carbon tax mondiale più elevata che va compensata con la parallela diminuzione delle imposte sul lavoro. Questo sistema non cambia l’entità complessiva della tassazione, semmai incorpora nella carbon tax i costi che derivano dai cambiamenti climatici.
La spesa necessaria a stabilizzare la popolazione, debellare la povertà e ripristinare i sistemi naturali della Terra si aggira sui 200 miliardi di dollari l’anno. Una cifra che sembra molto elevata, mentre corrisponde all’incirca a un terzo dell’attuale bilancio della difesa degli Stati Uniti (560 mld$) e a un sesto di quello mondiale (1.235 mld$). In un certo senso è questo il nuovo budget della difesa, quello che affronta le più serie minacce alla nostra sicurezza. Il suggerimento sarebbe di spostare le risorse economiche dal budget militare – fintanto che i rischi di guerra sono bassi – e di indirizzare tali fondi a risolvere le nuove minacce che mettono a repentaglio il nostro futuro.

Il Piano B è una “everyman’s strategy”. Io, in quanto singolo individuo, cosa posso fare?

LB: Il Piano B è un chiaro impegno verso un cambiamento complessivo e strutturale, che richiede una ristrutturazione totale della economia globale, con il passaggio dalle fonti fossili alle energie rinnovabili, un sistema dei trasporti diversificato e un approccio al riuso e riciclo di tutto. Quando le persone mi chiedono “Cosa posso fare?”, di solito si aspettano che la mia risposta sia: “Ricicla i tuoi giornali, cambia le tue lampadine con altre più efficienti ecc.”. Ma la cosa più importante che noi come individui possiamo fare è di diventare politicamente attivi, impegnarci perché agli attuali trend di distruzione ambientale e crescita demografica, che minano il nostro futuro, sia imposto uno stop. La scommessa ora è di salvare la nostra civiltà. E la posta non potrebbe essere più alta. Questo non è certo uno sport da spettatori. Se non vogliamo perdere, è indispensabile che tutti siano coinvolti in questo processo di cambiamento totale: unica chance alla salvezza dell’umanità.