10.6 Mobilitarsi per salvare la civiltà
Mobilitarsi per salvare la civiltà significa fondamentalmente ristrutturare l’economia globale per riequilibrare il clima, sradicare la povertà , stabilizzare la popolazione, recuperare i sistemi naturali di supporto dell’economia e, soprattutto, ridare la speranza. Abbiamo le tecnologie e gli strumenti economici e finanziari per farlo. Gli Stati Uniti, la più ricca società mai esistita, possiedono le risorse per guidare questo sforzo.
Riguardo allo sradicamento della povertà , Jeffrey Sachs, dell’Earth Institute della Columbia University, riassume bene la situazione: “La tragica ironia di questo momento è che i paesi ricchi sono così ricchi e i poveri così poveri che basterebbe una frazione dell’1% del prodotto interno lordo dei più facoltosi nel corso dei prossimi decenni a rendere possibile ciò che non è mai stato fatto in tutta la storia dell’umanità : assicurare che i bisogni fondamentali di salute e istruzione siano soddisfatti per tutti i bambini poveri del pianeta”.61
Possiamo dare alcune stime grossolane degli sforzi necessari per muovere la nostra civiltà del XXI secolo fuori dal tracciato del declino e del collasso, incamminandoci su un percorso capace di sostenere la civiltà . Quello che non possiamo calcolare è il costo della mancata adozione del Piano B. è possibile mettere una targhetta con il prezzo sul collasso della civiltà e sulle innumerevoli sofferenze e morti che l’accompagnerebbero?
Come illustrato nel capitolo 7, i fondi aggiuntivi necessari per garantire un’istruzione primaria ai paesi in via di sviluppo sono stimati prudenzialmente intorno ai 10 miliardi di dollari all’anno.
Il finanziamento di analoghi programmi di istruzione di base per adulti, largamente basati sul volontariato, richiederebbe altri 4 miliardi di dollari annui. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità , servirebbero 33 miliardi di dollari per fornire l’assistenza sanitaria di base ai paesi in via di sviluppo. I fondi addizionali necessari per garantire assistenza sanitaria, assistenza alla salute riproduttiva e alla pianificazione familiare a tutte le donne dei paesi in via di sviluppo sono stimati in 17 miliardi di dollari annuali.62
Colmare il cosiddetto condom gap, con la fornitura di 14,7 miliardi di profilattici necessari per controllare la diffusione dell’HIV nei paesi del terzo mondo e nell’Europa dell’Est richiede 3 miliardi di dollari, dei quali 440 milioni per i preservativi e 2,5 miliardi per la loro distribuzione e l’educazione alla prevenzione. Il costo per l’avvio di programmi di refezione scolastica nei 44 paesi più poveri del mondo è di circa 6 miliardi. Negli stessi paesi, circa 4 miliardi di dollari all’anno coprirebbero il costo dell’assistenza ai bambini in età prescolare e alle donne in gravidanza. Nell’insieme, il costo per il raggiungimento degli obiettivi relativi ai servizi sociali di base sarebbe dunque di 77 miliardi di dollari all’anno.63
Ma, come notato nel capitolo 8, qualsiasi intervento per debellare la povertà è destinato al fallimento se non sarà accompagnato da uno sforzo per il ripristino degli ecosistemi terrestri. Proteggere il suolo, riforestare il pianeta, ricostituire le riserve ittiche richiederanno circa 110 miliardi di dollari di spese aggiuntive annuali. Le attività più costose, la protezione della biodiversità richiederebbe 31 miliardi di dollari, la conservazione del suolo altri 24, assorbirebbero circa la metà delle risorse necessarie annualmente al recupero del pianeta.64
La somma dei costi previsti nel budget del Piano B è di 187 miliardi di dollari all’anno, all’incirca un terzo dell’attuale bilancio della difesa degli Stati Uniti e il 13% di quello mondiale (tabelle 10.2 e 10.3). In un certo senso è questo il nuovo budget della difesa, quello che affronta le minacce più serie alla nostra sicurezza.65
Fonte: vedi note 63 e 64.
Fonte: vedi nota 65.
Sfortunatamente, gli Stati Uniti continuano a concentrarsi sul rinforzo delle forze armate, e ignorano quasi completamente i rischi posti dal deterioramento dell’ambiente, dalla crescita demografica e dalla povertà . Il bilancio per la difesa degli Stati Uniti del 2008 è di 607 miliardi di dollari, il 41% del totale mondiale di 1.464 dollari. Gli altri paesi che spendono maggiormente nel settore militare sono la Cina, 85 miliardi, la Francia, 66 miliardi, il Regno Unito, 65 miliardi, e la Russia, 59 miliardi.66
Alla metà del 2009 i costi dell’occupazione dell’Iraq, che è già durata più della Seconda guerra mondiale, sono arrivati a 642 miliardi di dollari. Gli economisti Joseph Stiglitz e Linda Bilmes hanno calcolato che se si venissero compresi anche i costi collaterali, come quelli per le cure e il supporto psicologico di chi ha subito traumi psicologici e andrà assistito per tutta la vita, la guerra potrebbe arrivare a costare 3.000 miliardi di dollari. L’impegno bellico in Iraq potrebbe rivelarsi uno dei più costosi errori della storia non solo per l’emorragia di risorse economiche, ma anche perché ha distratto l’attenzione del mondo dal cambiamento climatico e dalle altre minacce alla civiltà .67
è tempo di decisioni. Possiamo scegliere di perseverare nel business as usual, e assistere al declino del sistema economico seguito dal possibile collasso della nostra civiltà , oppure possiamo decidere di muoverci lungo un nuovo percorso, che sia in grado di sostenere il progresso economico. In questa situazione, il non agire equivale però ad andare verso il declino.
Nessuno può oggi sostenere che non ci sono risorse sufficienti. Possiamo stabilizzare la popolazione mondiale, sbarazzarci della fame, dell’analfabetismo, delle malattie e della povertà e possiamo ripristinare i suoli, le foreste e le aree di pesca. Spostare un sesto dei bilanci militari mondiali al budget del Piano B sarebbe più che sufficiente a porci su un cammino in grado di sostenere il progresso. Possiamo costruire una comunità globale capace di soddisfare le necessità elementari di chiunque, un mondo che permetterà a noi stessi di considerarci uomini veramente civilizzati.
Questa ristrutturazione economica dipende, come abbiamo già detto, da una revisione del sistema fiscale capace di rendere il mercato corrispondente alla realtà ecologica. I politici dovranno essere valutati in base alla loro capacità di riformulare il sistema fiscale, spostando le tasse dal lavoro alle attività distruttive per l’ambiente: questa riforma fiscale, condotta senza imporre imposte ulteriori, è la chiave per ristrutturare l’economia energetica e per stabilizzare il clima.
è facile spendere centinaia di miliardi di dollari in risposta alle minacce del terrorismo, ma la realtà è che le risorse necessarie a distruggere un’economia moderna sono assai piccole e che il Department of Homeland Security, per quanto ben fornito, non potrà che offrire una minima protezione dai terroristi suicidi. La sfida non è tanto quella di dare al terrorismo una risposta militare ad alto contenuto tecnologico, ma quella di costruire una società globale equa e sostenibile, che possa restituire a ognuno la speranza. Uno sforzo di questo tipo sarebbe molto più efficace di qualsiasi possibile aumento delle spese militari o di qualunque nuovo equipaggiamento bellico, per quanto avanzato.
Proprio come le forze distruttive possono rinforzarsi le une con le altre, così può avvenire anche per le forze del progresso. Gli aumenti di efficienza, che riducono la dipendenza dal petrolio, tagliano anche le emissioni di anidride carbonica e l’inquinamento atmosferico. Le misure che sradicano la povertà aiutano a stabilizzare la popolazione. La riforestazione sequestra la CO2, contribuisce al ripristino degli acquiferi e riduce l’erosione del suolo. Una volta che avremo operato in modo che un numero sufficiente di fenomeni vadano nella giusta direzione, questi si rinforzeranno gli uni con gli altri.
Per rinforzare la speranza nel futuro, il mondo ha bisogno di un deciso passo in avanti nella riduzione delle emissioni e dalla dipendenza dal petrolio. Se gli Stati Uniti, per esempio, dovessero lanciare un forte programma di conversione della produzione automobilistica verso vetture ibride plug-in e completamente elettriche, e contemporaneamente investissero nella costruzione di migliaia di centrali eoliche, gli americani potrebbero effettuare la maggior parte dei loro spostamenti utilizzando l’energia catturata dal vento. Ciò ridurrebbe radicalmente la necessità di petrolio.
Dato che negli Stati Uniti numerosi stabilimenti per la costruzione delle auto sono attualmente inattivi, sarebbe relativamente semplice riorganizzarne qualcuno per la produzione di turbine eoliche, permettendo al paese di utilizzare le sue grandi potenzialità di sfruttamento dell’energia del vento.
Questa, se comparata alla riconversione industriale della Seconda guerra mondiale, sarebbe un’iniziativa modesta, ma aiuterebbe l’intero pianeta, dimostrando che la ristrutturazione dell’economia è realizzabile rapidamente e con profitto, e in una forma che aumenta la sicurezza nazionale, sia riducendo la dipendenza dagli insicuri approvvigionamenti petroliferi, sia scongiurando cambiamenti climatici distruttivi.
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